Siamo stati le risposte che non vorresti sentire,
Siamo stati gli amori che finiscono senza parlarsi, che iniziano senza doversi spiegare.
Siamo state risate forzate per non pensare ai disastri, cerniere chiuse fino al collo, come abbracci per non pensare al freddo,
Siamo stati in silenzio, siamo stati un casino.
Il tuo profilo migliore era quello del cuore,
Il tuo profilo peggiore il tuo lato orgoglioso.
Siamo ciò che buttiamo via, il coraggio mancato di chi saremmo potuti essere.
Siamo stati l’ottimismo che ti dice che esiste un posto migliore, abbiamo sbagliato strada così tante volte che abbiamo smesso di ascoltare il cuore e ci siamo affidati ai cellulari, ai dubbi, ai conoscenti che ci dicevano che da soli stavano meglio, e noi abbiamo provato a capire se era vero e siamo stati stupidi.
se sei triste ti chiamo, parliamo di quello che vuoi tu.
e se non ci riesci scrivimi, va bene lo stesso.
e se non hai niente da dire non mi importa, mi invento qualcosa io.
ma se non vuoi nessuno ti aspetto, io non vado da nessuna parte.
se sei triste ti chiamo, parliamo di quello che vuoi tu.
e se non ci riesci scrivimi, va bene lo stesso.
e se non hai niente da dire non mi importa, mi invento qualcosa io.
ma se non vuoi nessuno ti aspetto, io non vado da nessuna parte.
dalla mia finestra non vedo roma.
in giorni come questi penso che basterebbe una strada sul mare, quella pasticceria di lisbona che volevi tanto vedere. perché è andata così? anche cercarne continuamente il senso è diventato estremamente stancante.
sono arrivato a credere di non andare bene, avere la certezza che situazioni come queste riguardino solo me. non mi hai più riscritto e ora so che i messaggi senza risposta, sono già un messaggio e soprattutto una risposta.
hai rinunciato alla mia stanchezza, le mie indecisioni, i ritardi, i “non so” impantanati, al mio desiderio di andarmene da casa. dalla mia finestra non si capisce che è autunno, non si capisce che aspetto. oggi manchi ma quando c’eri avevo come la sensazione che fossi qui per ostacolarmi. mi cambiava la voce e tu dicevi sempre “lo dico per il tuo bene”. la tua capacità di ponderare le parole e di preferire, in alcuni casi, il silenzio.
è un peccato non crederci più.
Al parco giocavo con le mie sorelle. Martedì pomeriggio dopo scuola.
Io che ero diverso l’ho imparato stando in mezzo agli altri. Ci guardavano con la coda dell’occhio le prime volte che sentivano il mio nome, quando la maestra o il medico facevano fatica a pronunciare quelle consonanti vicine e posavano l’accento sulla “e” sbagliata. Quando leggendo la città in cui ero nato, sorridendomi, mi dicevano “Ma allora sei italianissimo”, “Sei più italiano di me”. Come se attribuire una cittadinanza occidentale fosse un complimento. Come se dire davanti a tutti, con il sorriso stampato in volto, che non ero un africano, mi rendesse più normale. “Per loro l’Africa è un paese” diceva zio Eric. Quando penso a lui lo immagino sempre con una Guinnes in mano. Dimenticavano, mentre provavano a essere simpatici e amichevoli, che non spettava a loro dirmi chi fossi. Analizzavano le mie origini, il mio nome e il numero della mia generazione. “Io non sono niente” avrei voluto dirgli e quando rispondevo che non sapevo se sarei rimasto in Italia per sempre, si comportavano come se la cosa fosse giustificata. Un’idea di me stesso a quell’età non l’avevo ancora e avrei voluto trovare la forza di non voler a tutti i costi farmi accettare. Capire che potevo esistere anche senza il consenso del prossimo. Avere il coraggio di reggere la solitudine e urlare in faccia a questo Paese che anch’io non lo volevo, che il sentimento era reciproco. Lo spirito fascista italiano, quando mio padre si lamentava della sua condizione, gli ricordava che doveva essere contento di quello che aveva, che doveva stare al suo posto senza il diritto di pretendere. “Sei fortunato” avrebbero voluto urlargli in faccia quando mangiava nei loro ristoranti, quando cercava posto sui loro bus, mentre diceva ai suoi figli al parco che potevano correre quanto volevano ma di non andare oltre il recinto.
Al parco giocavo con le mie sorelle. Martedì pomeriggio dopo scuola.
Io che ero diverso l’ho imparato stando in mezzo agli altri. Ci guardavano con la coda dell’occhio le prime volte che sentivano il mio nome, quando la maestra o il medico facevano fatica a pronunciare quelle consonanti vicine e posavano l’accento sulla “e” sbagliata. Quando leggendo la città in cui ero nato, sorridendomi, mi dicevano “Ma allora sei italianissimo”, “Sei più italiano di me”. Come se attribuire una cittadinanza occidentale fosse un complimento. Come se dire davanti a tutti, con il sorriso stampato in volto, che non ero un africano, mi rendesse più normale. “Per loro l’Africa è un paese” diceva zio Eric. Quando penso a lui lo immagino sempre con una Guinnes in mano. Dimenticavano, mentre provavano a essere simpatici e amichevoli, che non spettava a loro dirmi chi fossi. Analizzavano le mie origini, il mio nome e il numero della mia generazione. “Io non sono niente” avrei voluto dirgli e quando rispondevo che non sapevo se sarei rimasto in Italia per sempre, si comportavano come se la cosa fosse giustificata. Un’idea di me stesso a quell’età non l’avevo ancora e avrei voluto trovare la forza di non voler a tutti i costi farmi accettare. Capire che potevo esistere anche senza il consenso del prossimo. Avere il coraggio di reggere la solitudine e urlare in faccia a questo Paese che anch’io non lo volevo, che il sentimento era reciproco. Lo spirito fascista italiano, quando mio padre si lamentava della sua condizione, gli ricordava che doveva essere contento di quello che aveva, che doveva stare al suo posto senza il diritto di pretendere. “Sei fortunato” avrebbero voluto urlargli in faccia quando mangiava nei loro ristoranti, quando cercava posto sui loro bus, mentre diceva ai suoi figli al parco che potevano correre quanto volevano ma di non andare oltre il recinto.
Non scrivo da un po’. Un anno quasi. Vorrei non avere paura di dire ciò che ho dentro, perché poi il tempo ruba il tempo per dirlo. Mi siedo davanti al computer e poi il vuoto. Non mi viene nulla e i giorni passano. Mi dicono “Hai tutto il tempo che vuoi” ma io so che non è vero, che anche adesso è troppo tardi. Il titolo c’è già. Manca il resto. Inizio a scrivere e ho paura di bloccarmi. Penso alle cose che mi circondano, al mio editor che non mi capirà, a mia sorella che mi dice sempre che non mi impegno abbastanza, al libro di D’Avenia che è rimasto in alto in classifica per mesi e alle volte in cui ho pensato di meritarlo anch’io quel posto. Mi immaginavo più forte nei momenti difficili e invece niente, il mio viaggio all’interno delle mie mancanze mi porta verso tatuaggi sulla pelle che pensavo di non avere più, verso limiti che sentivo superati e la solitudine che prima era il luogo in cui mi esprimevo meglio è diventato solo uno spazio in cui pensare a chi non c’è e a cosa dovrei fare. Vorrei ritrovare la voglia di lasciarmi alle spalle la nostalgia. Sentirmi solido perché sono stato fragile e non il contrario. Vorrei non sentirmi così insicuro, non ascoltare chi mi consiglia di fare nuove conoscenze per ritrovare l’ispirazione. Ci sono momenti in cui mi scordo i momenti in cui sto bene da solo e in quelle situazioni di indecisione ho paura, e la sera mi ritrovo ad ascoltare chi non va bene per me, solo per avere qualcuno a cui aggrapparmi, qualcuno a cui affidarmi. E quando nessuna mi risponde ai messaggi o è libera per uscire, finisco per mangiare troppo, riempirmi di lavoro per rimpiazzare la mancanza di attenzioni.
Vorrei saper aspettare.
Non scrivo da un po’. Un anno quasi. Vorrei non avere paura di dire ciò che ho dentro, perché poi il tempo ruba il tempo per dirlo. Mi siedo davanti al computer e poi il vuoto. Non mi viene nulla e i giorni passano. Mi dicono “Hai tutto il tempo che vuoi” ma io so che non è vero, che anche adesso è troppo tardi. Il titolo c’è già. Manca il resto. Inizio a scrivere e ho paura di bloccarmi. Penso alle cose che mi circondano, al mio editor che non mi capirà, a mia sorella che mi dice sempre che non mi impegno abbastanza, al libro di D’Avenia che è rimasto in alto in classifica per mesi e alle volte in cui ho pensato di meritarlo anch’io quel posto. Mi immaginavo più forte nei momenti difficili e invece niente, il mio viaggio all’interno delle mie mancanze mi porta verso tatuaggi sulla pelle che pensavo di non avere più, verso limiti che sentivo superati e la solitudine che prima era il luogo in cui mi esprimevo meglio è diventato solo uno spazio in cui pensare a chi non c’è e a cosa dovrei fare. Vorrei ritrovare la voglia di lasciarmi alle spalle la nostalgia. Sentirmi solido perché sono stato fragile e non il contrario. Vorrei non sentirmi così insicuro, non ascoltare chi mi consiglia di fare nuove conoscenze per ritrovare l’ispirazione. Ci sono momenti in cui mi scordo i momenti in cui sto bene da solo e in quelle situazioni di indecisione ho paura, e la sera mi ritrovo ad ascoltare chi non va bene per me, solo per avere qualcuno a cui aggrapparmi, qualcuno a cui affidarmi. E quando nessuna mi risponde ai messaggi o è libera per uscire, finisco per mangiare troppo, riempirmi di lavoro per rimpiazzare la mancanza di attenzioni.
Vorrei saper aspettare.
ogni estate mi fanno la stessa domanda: perché non vai in vacanza?
c’è sempre qualcuno che mi fa questa domanda quando arriva l’estate. mentre tutti i miei amici stanno pensando alle vacanze, io penso che passerò l’estate al computer, nel salotto di casa mia. ogni estate sembra un dejavù, ascolto estate in città di marracash e penso che la città vuota abbia il suo perché. nessuno me lo impone di restare a milano, ma voglio scrivere nuove idee e nuovi progetti. non ho mai sopportato che ad agosto tutta italia si fermi, come se lo avesse ordinato qualcuno. non sono uno stakanovista, non credo nel lavoro a tutti i costi, anche io ho i miei momenti di stacco, tutti ne hanno bisogno e diritto. ma quando anche il riposo è un obbligo non mi riposo, sono fatto così. forse avrei dovuto ascoltarti quando mi chiedevi perché non andassimo a polignano o in un qualsiasi posto dove vanno le altre coppie. quando iniziai a lavorare decisi che, a prescindere da tutto, non sarei mai andato in vacanza a agosto. volevo avere la libertà, piuttosto, di poterlo fare a novembre. di scappare per una settimana e spegnere il cellulare. tu dicevi che solo gli psicopatici vanno al mare a novembre. forse avevi ragione.
agosto non è ancora arrivato, ma già ora sto scrivendo moltissimo. sto ore e ore al pc, come quei giorni in cui volevo disperatamente avere il mio spazio. il mio pc è il mio miglior compagno in questi giorni, resiste alle ore infinite di accensione come io resisto all’afa di milano. a settembre so che sarò felice di non essere andato in vacanza.
in questo periodo guardo tante serie e tanti film e per fortuna anche su questo il computer non mi abbandona mai.
anche quelli sono momenti di lavoro per chi lavora con la propria creatività.
alla fine contano i fatti e spero di farne ancora. sto scrivendo di getto, di impulso, con una voglia che non sentivo da tanti mesi.
ogni estate do la stessa risposta: a� settembre parleranno i fatti, per questo non andrò in vacanza.
#IntelEvo #WorkFromAnywhere #SpotTheDifference #LenovoYoga #adv
@lenovoitalia
ogni estate mi fanno la stessa domanda: perché non vai in vacanza?
c’è sempre qualcuno che mi fa questa domanda quando arriva l’estate. mentre tutti i miei amici stanno pensando alle vacanze, io penso che passerò l’estate al computer, nel salotto di casa mia. ogni estate sembra un dejavù, ascolto estate in città di marracash e penso che la città vuota abbia il suo perché. nessuno me lo impone di restare a milano, ma voglio scrivere nuove idee e nuovi progetti. non ho mai sopportato che ad agosto tutta italia si fermi, come se lo avesse ordinato qualcuno. non sono uno stakanovista, non credo nel lavoro a tutti i costi, anche io ho i miei momenti di stacco, tutti ne hanno bisogno e diritto. ma quando anche il riposo è un obbligo non mi riposo, sono fatto così. forse avrei dovuto ascoltarti quando mi chiedevi perché non andassimo a polignano o in un qualsiasi posto dove vanno le altre coppie. quando iniziai a lavorare decisi che, a prescindere da tutto, non sarei mai andato in vacanza a agosto. volevo avere la libertà, piuttosto, di poterlo fare a novembre. di scappare per una settimana e spegnere il cellulare. tu dicevi che solo gli psicopatici vanno al mare a novembre. forse avevi ragione.
agosto non è ancora arrivato, ma già ora sto scrivendo moltissimo. sto ore e ore al pc, come quei giorni in cui volevo disperatamente avere il mio spazio. il mio pc è il mio miglior compagno in questi giorni, resiste alle ore infinite di accensione come io resisto all’afa di milano. a settembre so che sarò felice di non essere andato in vacanza.
in questo periodo guardo tante serie e tanti film e per fortuna anche su questo il computer non mi abbandona mai.
anche quelli sono momenti di lavoro per chi lavora con la propria creatività.
alla fine contano i fatti e spero di farne ancora. sto scrivendo di getto, di impulso, con una voglia che non sentivo da tanti mesi.
ogni estate do la stessa risposta: a� settembre parleranno i fatti, per questo non andrò in vacanza.
#IntelEvo #WorkFromAnywhere #SpotTheDifference #LenovoYoga #adv
@lenovoitalia
ogni estate mi fanno la stessa domanda: perché non vai in vacanza?
c’è sempre qualcuno che mi fa questa domanda quando arriva l’estate. mentre tutti i miei amici stanno pensando alle vacanze, io penso che passerò l’estate al computer, nel salotto di casa mia. ogni estate sembra un dejavù, ascolto estate in città di marracash e penso che la città vuota abbia il suo perché. nessuno me lo impone di restare a milano, ma voglio scrivere nuove idee e nuovi progetti. non ho mai sopportato che ad agosto tutta italia si fermi, come se lo avesse ordinato qualcuno. non sono uno stakanovista, non credo nel lavoro a tutti i costi, anche io ho i miei momenti di stacco, tutti ne hanno bisogno e diritto. ma quando anche il riposo è un obbligo non mi riposo, sono fatto così. forse avrei dovuto ascoltarti quando mi chiedevi perché non andassimo a polignano o in un qualsiasi posto dove vanno le altre coppie. quando iniziai a lavorare decisi che, a prescindere da tutto, non sarei mai andato in vacanza a agosto. volevo avere la libertà, piuttosto, di poterlo fare a novembre. di scappare per una settimana e spegnere il cellulare. tu dicevi che solo gli psicopatici vanno al mare a novembre. forse avevi ragione.
agosto non è ancora arrivato, ma già ora sto scrivendo moltissimo. sto ore e ore al pc, come quei giorni in cui volevo disperatamente avere il mio spazio. il mio pc è il mio miglior compagno in questi giorni, resiste alle ore infinite di accensione come io resisto all’afa di milano. a settembre so che sarò felice di non essere andato in vacanza.
in questo periodo guardo tante serie e tanti film e per fortuna anche su questo il computer non mi abbandona mai.
anche quelli sono momenti di lavoro per chi lavora con la propria creatività.
alla fine contano i fatti e spero di farne ancora. sto scrivendo di getto, di impulso, con una voglia che non sentivo da tanti mesi.
ogni estate do la stessa risposta: a� settembre parleranno i fatti, per questo non andrò in vacanza.
#IntelEvo #WorkFromAnywhere #SpotTheDifference #LenovoYoga #adv
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ogni estate mi fanno la stessa domanda: perché non vai in vacanza?
c’è sempre qualcuno che mi fa questa domanda quando arriva l’estate. mentre tutti i miei amici stanno pensando alle vacanze, io penso che passerò l’estate al computer, nel salotto di casa mia. ogni estate sembra un dejavù, ascolto estate in città di marracash e penso che la città vuota abbia il suo perché. nessuno me lo impone di restare a milano, ma voglio scrivere nuove idee e nuovi progetti. non ho mai sopportato che ad agosto tutta italia si fermi, come se lo avesse ordinato qualcuno. non sono uno stakanovista, non credo nel lavoro a tutti i costi, anche io ho i miei momenti di stacco, tutti ne hanno bisogno e diritto. ma quando anche il riposo è un obbligo non mi riposo, sono fatto così. forse avrei dovuto ascoltarti quando mi chiedevi perché non andassimo a polignano o in un qualsiasi posto dove vanno le altre coppie. quando iniziai a lavorare decisi che, a prescindere da tutto, non sarei mai andato in vacanza a agosto. volevo avere la libertà, piuttosto, di poterlo fare a novembre. di scappare per una settimana e spegnere il cellulare. tu dicevi che solo gli psicopatici vanno al mare a novembre. forse avevi ragione.
agosto non è ancora arrivato, ma già ora sto scrivendo moltissimo. sto ore e ore al pc, come quei giorni in cui volevo disperatamente avere il mio spazio. il mio pc è il mio miglior compagno in questi giorni, resiste alle ore infinite di accensione come io resisto all’afa di milano. a settembre so che sarò felice di non essere andato in vacanza.
in questo periodo guardo tante serie e tanti film e per fortuna anche su questo il computer non mi abbandona mai.
anche quelli sono momenti di lavoro per chi lavora con la propria creatività.
alla fine contano i fatti e spero di farne ancora. sto scrivendo di getto, di impulso, con una voglia che non sentivo da tanti mesi.
ogni estate do la stessa risposta: a� settembre parleranno i fatti, per questo non andrò in vacanza.
#IntelEvo #WorkFromAnywhere #SpotTheDifference #LenovoYoga #adv
@lenovoitalia
Mi manca fare interviste.
Mi manca fare interviste.
Il mio ultimo romanzo “non ho mai avuto la mia età” uscirà in Francia il 7 Ottobre e si intitolerà “Invisible”.
Io devo continuare a guardare avanti perché la vita è bella. Devo ricordarmi che nonostante tutto io ce l’ho sempre fatta.
Ci vediamo nelle librerie francesi.
Grazie di tutto @martatreves
avevo paura di innamorarmi di te e a volte la paura ti salva la vita. esserci sempre è impossibile, ma bisognerebbe farlo almeno quando serve. tu c’eri solo quando ti servivo. ieri ti ho chiesto di venire a riprendere i tuoi quadri ma non mi hai risposto. le mie paranoie del cazzo legate al fatto che le mie storie le vedevano poche persone. a te non fregava niente di instagram, di chi ero lì. continuavi a dirmi che a me non piaceva fare l’amore con te, che si capiva. non siamo mai stati pronti quando si trattava di arrendersi. scrivevo “ciao” e tu continuavi a porre domande. l’immagine di te di spalle che fumi fuori dalla finestra perché in camera non si poteva. niente mi fa più paura di sentirmi legato a qualcuno e poi vederlo diventare un estraneo di nuovo. volevi prenderlo in bocca prima di farlo e quando avevo sonno sapevi solo dirmi “e allora vai dalle tue amiche”. mi è appena venuta in mente una risposta bellissima a una discussione avuta un paio di mesi fa. sarebbe bastato dire “scusa”, anche solo scriverlo. mi dicono tutti che ancora ci somigliamo, che siamo fatti per stare insieme. tu sei come i tuoi quadri, che ho staccato dai muri di camera mia dopo che sei andata via. sei rimasta come i segni rettangolari lasciati sulle pareti.
quella sera con le tue amiche sapevo che parlavi di me, si capiva da come mi guardavano. come le ferite aperte avrei voluto toccarti.
l’ultima volta che ti ho vista, sei sparita nel buio, senza voltarti.
che poi il dilemma, non è stato lasciarsi, ma lasciarsi andare dopo, non è stato uscire, ma uscirne. il dilemma è chi ti è dentro, chi ti fa pesare il respiro, appena ti affacci fuori.
chi ti insegna che la felicità è sopravvalutata perché infondo dura solo un attimo.
ho scritto questo video un paio di settimane fa. a massimo e gabriele ho detto subito che il mio obiettivo è semplicemente quello di ribadire quanto non sopporti la definizione “nuovi italiani”. io non sono un nuovo italiano, io ho 29 anni. ho passato tutta la mia vita qui. questa definizione è sola una scusa per dire che c’è ancora tempo, che il razzismo è giustificato, che possiamo ancora aspettare prima di cambiare la legge sulla cittadinanza. di nuovo però c’è lo spirito e la voglia di cambiare le cose anche fuori da qui, dai social dove tutti sono bravi solo ad indignarsi. noi siamo sempre stati qui. sono contento che questo periodo storico stia dando la possibilità a molti giovani di esprimersi. a chi non ha mai avuto una chance di mettersi alla prova. spero questo video vi piaccia.
ringrazio il team Wami, @vogueitalia @stellajean_sj_ @edward_enninful e tutte le persone che hanno contribuito a questo bellissimo progetto.