Non riesco a non pensare a quella ragazza di 19 anni che si è ammazzata nel bagno della sua università, lasciando scritto “nella vita ho fallito tutto”. E no, a 19 anni non hai fallito niente. Ma lo pensavo anche io a 19 anni. Facevo 600 chilometri a settimana per andare a farmi dire che non ce l’avrei fatta, mentre la mia prima ragazza era morta senza un perchè, e la seconda mi lasciava per la distanza. L’unico momento in cui ho pensato di mollare tutto, ma ancora più forte di voler sparire. A guardarlo adesso è stato un attimo, mi vergogno quasi a dirlo. Ma in quel momento sembrava l’unica via d’uscita logica, l’unica strada. Io non so neanche perchè lo scrivo, e non so se è una questione di gara di eccellenza dentro il percorso formativo, come è sempre stata, o molto di più il fatto che il mondo del lavoro fuori garantisca la sopravvivenza solo per chi eccelle, sacrificando i diritti ai tempi di produzione, e trasformando la scuola non più in una palestra in cui poter sbagliare, ma in un assaggio delle frustrazioni di domani. Io vorrei dire a una ragazza che non sei tu che quel pensiero lo capisco, davvero. Ma che se resisti in quel momento, può essere che per te sia stato un attimo. E forza, davvero. #università
C’è qualcosa di bellissimo in questa foto. Quella frase che spunta dai muri delle strade attorno a casa mia mi ha sempre ricordato le parole di dostoevskij, quando dice “per essere libero, in questa società, devi avere un milione”. Si, la libertà senza uguaglianza è privilegio. Punto. E questo non è un attacco a Chiara Ferragni, non concedetevi questo alibi così facile. Siamo stati noi borghesi di sinistra, me compreso, ad esserci scordati che la prima discriminazione è quella tra ricchi e poveri, ad esserci concentrati furiosamente solo sui problemi della parte ricca delle categorie discriminate, spesso per semplice voglia di essere visti. Noi ci siamo scagliati contro paperino76, dietro cui magari si celava un operaio delle centinaia di stabilimenti che licenziano e delocalizzano, per un commento sessista sotto la foto di una miliardaria, mentre nel mondo vero le donne guadagnano un quinto di stipendio in meno perché meno funzionali a sistema produttivo creato da uomini e a forma di uomini. Quella scritta, incisa su uno scialle che costa alcuni stipendi di una qualsiasi ragazza non libera di non essere sfruttata in una fabbrica – non di non ricevere un commento sul vestito che indossa – suona così stridente perché rivela una grande verità: nel sistema in cui viviamo la libertà è un lusso esattamente come lo scialle su cui sta scritta. E questa non è responsabilità di nessun influencer che fa giustamente il suo mestiere, ma della distrazione egoriferita di noi borghesi di sinistra che ci siamo scordati che questo paese è fatto prima di tutto da gente che ha meno di noi, e se dice ogni tanto una parola sbagliata magari è perché ha studiato meno di noi. Per questo la destra vince, perché è l’unica fazione per cui esistono i problemi delle classi popolari. Certo, problemi a cui loro rispondono con soluzioni di destra, xenofobe e razziste, ma che dovremmo aspettarci? Ignorare la vita di chi ha di meno di noi non ci rende poi tanto più di sinistra di loro. #destra #sinistra
Questa è la più bella canzone d’amore che abbia mai scritto. In fondo non sono tante, in fondo ho spesso sofferto per altro. Ma questa canzone l’ho suonata ininterrottamente per settimane ogni giorno, come rito magico perché lei non mi rifiutasse fino ad averci tenuto così da tanto da farmi per forza rifiutare. Una canzone clandestina, nata da un tradimento, da una passione senza senso e senza storia che l’ha fatta rimanere solo un errore. Eppure di che altro scrivere? Se non di quello in cui cediamo, in cui ci facciamo male, di cui ci vergognamo, in cui facciamo schifo, in cui abbiamo perso, in cui ci siamo illusi, ci siamo feriti, ci siamo sbagliati. Le canzoni di chi vince non durano una stagione, le canzoni di chi perde durano per sempre. Nessuna canzone è d’amore se non racconta una sconfitta. #valentines #nientedispeciale
Ti auguro un amore senza feste americane del cazzo, senza rose, cioccolatini, orrendi cuori gonfiabili e inutili sbrilluccichii che fanno sembrare le donne confetti, senza bomboniere, senza dediche stupide e mielose, senza la paura di dire scopare invece di fare l’amore, senza gelosie da imbecilli verso gli altri uomini, o verso lo stipendio, o il successo. Senza stupidi sensi di proprietà, senza il piacere di ferirsi, l’idea che chi fa più male vince, un amore che se uno ti guarda il culo per strada e ti vuole non si risente ma si sente fortunato. Un amore che preferirebbe uscire e camminare fino alla Groenlandia piuttosto che dirti una cosa che ti faccia male in una lite, un amore che non dica per sempre, che non chieda il conto, che non senta di averti comprato e non ti faccia sentire di essere solo tuo, che sia libero, in cui ci si tradisce, si sbaglia, si cede, ci si rispetta, ci si vuole bene, ci si ama. Un amore che poi la morte fa meno paura, che in qualche modo non siamo soli, che sei libera di scappare, che sai sempre dove tornare. #sanvalentino #dimerda #amore
Se tu adesso per esempio tornassi da un lungo viaggio io riderei tutta la notte, e cucinerei per te, e suonerei il mio piano scordato, e ti vedrò ballare scalza fuori dalla doccia, e svenire a letto mentre fuori è freddo, e ti guarderei le gambe, e svuoterei il frigo, e scorderei una bottiglia in freezer e si romperebbe tutto, e finiremmo la telenovela piemontese su iutub, e ti prenderei per il culo per tutto il tempo che ci hai messo a tornare, e fantasticheremo su viaggi che non abbiamo fatto, su sarajevo e lisbona, e febbraio non sembrerebbe neanche febbraio, e san valentino non esisterebbe, e tutte quelle cazzo di canzoni smielate di sanremo che adesso occupano i bar e le radio dei taxi tacerebbero, e non ci sarebbe nulla di romantico, solo libertà, verità, nudità. Ti va? #febbraio #unavitainvacanza
Ultimo episodio della settimana monografica. Questo è il secondo Sanremo, a cui non volevo andare. Eppure è successa una cosa che mi scalda il cuore. Quel palco era l’unico palco aperto in un paese di club, cinema e teatri chiusi, spesso ridotti al fallimento. Quella platea vuota e surreale era la metafora di come un intero settore veniva spazzato via dalla pandemia. Nello stridore di uno sfarzoso varietà televisivo mentre il mondo dello spettacolo era distrutto abbiamo portato sul palco un proprietario di un cinema, uno di un club, e due amici e colleghi della mia seconda vita, Francesco Pannofino ed Emanuela Fanelli. E abbiamo suonato un pezzo che per noi racconta la musica che esiste solo perché nasce nei night club, non è per sempre degli Afterhours, una delle band con cui siamo cresciuti. Il parlato finale è una delle cose a cui sono più fiero di aver partecipato. Per questo, penso, a qualcosa è valsa la pena. Per dire che i nostri fiori non sono ancora rovinati. L’ultima frase, di bebo, è una frase del subcomandante marcos, e non era deciso che la dicesse. Mai avrei pensato di sentire una frase di un rivoluzionario comunista su quel palco. afterhours @emanuelafanelli @francescopannofino #2021 #covid
Tutte le volte che due uomini si baciano in tv non riesco a non pensare a quante menate ci fecero otto anni. Non era sanremo, era il primo maggio. Ma per la regola che regge la televisione generalista – la tv è sempre almeno 30 anni in ritardo sul mondo e quando una cosa da scandalo in tv nel mondo reale ha finito di stupire – ci fecero un’infinità di storie. Nel 2015 il bacio tra uomini era già normalissimo nella vita vera, in tv OH MIO DIO. Avremmo dovuto avere sei coppie a baciarsi, non li fecero salire sul palco (vi prego risparmiatemi complottismi e colpevolismi social, sono passati otto anni e questa deriva di internet che confonde l’informazione con il gossip è insostenibile) quindi ci baciammo tra di noi. Poco dopo un assalto di giornali, indignazione, politici su di giri, il direttore artistico del primo maggio che mi bacio in bocca davanti a tutti per dimostrare che ci sosteneva (ora siamo amici, ma mi prese un po’ in contropiede allora, così, senza neanche invitarmi a cena…). Ora potete leggere questa cosa in maniera scema oppure intelligente. Quella scema è ORRORE CENSURA SCANDALO e altre stronzate. Quella intelligente è che io non so cosa sia successo allora, ma è evidente che adesso grazie al cielo un bacio fra uomini è difeso. E dovremmo smetterla di aver paura del progresso, che è quella cosa per cui con il tempo chi aveva un’idea retrograda la supera, e per questo c’è da essere felici, non condannare la gente. Anche perché, credetemi, molte delle idee corrette e inattaccabili che sfoggiate ora, sentendovi perfetti, fra qualche anno scopriremo essere limitate, discriminanti, retrograde. Questo paese è peggiorato in molte cose, ma vedere due uomini che si baciano in tv, sempre più spesso, e accorgersi che la gente vede la cosa normale come in effetti è, è un piccolo passo avanti, a cui brindare. E comunque, rega, manco la lingua… #kiss #bacio #libertà
A Sanremo nel 2021, il secondo a cui ho partecipato in gara, non ci volevo andare. Votai contro, puntai i piedi, feci di tutto. Mi ricordo universal che non sapeva che fare, non le era mai capitato di avere Sanremo che voleva un artista, e l’artista che spingeva per non andare. E alla fine andai, non me la sentii di imporre il mio veto sugli altri, e la mia personalità debole e remissiva – tutte le volte che qualcuno scrive “leader della band” a proposito di me non ha idea dei nostri equilibri – mi fece autorelegarmi in ultima fila, passai addirittura tutta la prima esibizione dentro uno scatolone volante, e poi da lì in avanti scelsi di nascondermi sempre di più. Troppo esasperato da anni di esposizione generalista, troppo convinto che una certa tv ti da la possibilità di essere diverso e rivoluzionario solo la prima volta che ci metti piede, li puoi fare un casino, poi vieni sussunto e diventi parte dell’arredamento. Insomma, Sanremo 2021 è stato il momento più brutto di tutta la mia carriera. Non tanto sul palco, dove alla fine gli altri quattro l’hanno portata a casa trascinando in salvo pure me. Nelle infinite notti in albergo a sentirmi fuori posto, perché alcune cose grandi o le fai con la fame o ti mangiano, costantemente sull’orlo di una crisi di nervi, disperato. C’è voluto molto per tornare a suonare, mettere in mezzo a tutto questo cinque film, due spettacoli, molta televisione, molto altro. Ma non ho mai fatto questa cosa con sofferenza e senza alcuna gioia di fondo come quella settimana li. Il primo Sanremo mi ha cambiato la vita, il secondo quasi mi ha fatto smettere di suonare.Bisogna imparare a dire di no anche alle cose grandi, quando non fanno per te. Oppure ti fai male davvero. Credimi. #2021 #covid #sanremo
Mai cagato addosso nella vita come quella prima sera, io che non ho mai avuto paura del palco in vita mia, che ho fatto del non saper cantare la mia maniera di cantare, del fottermene del giudizio la mia maniera di comunicare, tremavo e piangevo come un fesso fino a poco prima di entrare in quinta, in quella red room piena di cantanti famosi che facevano vocalizzi, in quel camerino minuscolo con un televisore a circuito chiuso che dava Sanremo in tutti i canali, nel mio hotel di lusso in accappatoio e pattine, con una borsa di medicinali e un donpe in regalo. Tremavo come una foglia e pensavo hai cinque minuti adesso. Hai avuto cinque anni per riempire i palasport di 25enni e convincerti che se fossi arrivato a tutti allora tutti ti avrebbero amato, e poi adesso cinque minuti per scoprire se sono cinque anni che ti racconti delle cazzate. Solo cinque minuti, e devi trovare un modo per fare il più grande casino della tua vita, che nessuno possa non accorgersene. Cinque minuti. E io avevo così paura. Mai avuta prima o dopo. Questa è forse l’unica cosa che so del fallimento. Solo se hai davvero paura di fallire, hai davvero l’occasione di fare una cosa grande. #fallimento #sanremo
Questa è la storia del momento più bello della mia vita. Era la seconda sera di Sanremo 2018 e noi eravamo appena diventati, in cinque minuti, i cinque stronzi più amati d’Italia. La combinazione tra una canzone anarchica che parlava di lavoro in un paese in cui al lavoro nessuno credeva più, l’incredibile colpo di teatro di una 84enne che faceva la ruota della morte e il disagio divertito delle nostre facce ci avevano catapultato da sconosciuti al pubblico generalista a grande attrazione di grandi e piccini. Decidemmo di portare dei cartelli sulle giacche la sera dopo, senza dire nulla dire, la domanda sarebbe arrivata poi su radiodue. “Avete i vostri nomi addosso?” “No, questa canzone leggera parla di lavoro e vacanza, e la dedichiamo a cinque lavoratori in vacanza obbligatoria, allontanati dalla fiat perché lottavano per i loro diritti, a pomigliano”. In pochi minuti la notizia fece il giro d’italia e i cinque operai organizzarono un picchetto davanti alla fabbrica per chiedere, loro che lottano per cose fondamentali, una cosa futile e simbolica come quella di votare noi a Sanremo. Ho letto la loro lettera pubblicata dai giornali la mattina dopo, in un albergo lussuoso, diceva che non avrebbero mai dimenticato quel gesto, che non si sono sentiti abbandonati, che siamo degli uomini. Ho pianto come non ho mai pianto, per più di un’ora, un pianto di tensione accumulata e poi di felicità, quella di quando senti che quello che hai fatto nella vita ha avuto un briciolo di senso. A volte la musica ti cambia la vita. Buon Sanremo. #sanremo #unavitainvacanza
I trentenni non se lo ricordano, i ventenni non lo sanno, ma quindici anni fa Sanremo lo guardavano solo i vecchi e guardarlo era da sfigati, dieci anni fa era odiato dagli alternativi, cinque anni fa se ci andava una band come la mia i fan le insorgevano contro. E tornerà ad essere così, sono i cicli del mercato. Abbiamo occupato un posto che crediamo sia eterno, ma fuori da lì nascerà la prossima cosa che ci dirà che adesso i vecchi siamo diventati noi. Ma fino ad allora, quell’incredibile secondo posto – fatemelo dire, con la canzone che ha sbancato tutto, primo vero grande exploit dell’indie su un palcoscenico del genere (fine dell’autocompiacimento) – rimane il momento più improbabile e ilare della mia vita, l’unica volta in cui davvero non fregarsene nulla ha significato vincere tutto, o almeno la più grossa. E questo singolo gesto di carota, il momento più indimenticabile della storia del festival. Alè #sanremo2023
Non risponderò sempre al telefono ma non ti chiamerò di notte per sapere dove sei, sarò lontano a volte ma mai invidioso della tua felicità, non cercherò di rovinarti una sera in cui bevi o godi o sei allegra e sentirò quando sale la marea della malinconia, quando avrai bisogno di chiedere a qualcuno che cazzo faccio di me stessa sarò onesto a dirti che non lo so, che solo tu lo sai, ma nel frattempo possiamo ridere, fare cazzate e farci male, non pensarci che è un modo più raffinato di pensarci davvero, far succedere le cose. E ti dirò che sei bella per me ma non importa, che non conta in fondo quel che penso io o un altro, e neanche importa se sei bella, è solo una maniera per metterti le mani sulle guance usando le parole. E con potrai urlare, dire cose orrende, cose che a pensarci ti vergogni, perché so chi sei e conosco il casino che fai quando hai paura di essere felice. E la porta sarà sempre aperta, sempre, puoi uscire quando vuoi senza promesse in tasca ma senza promesse in tasca penso che se dovessi tornare mi ritroverai. E poi chilometri di lettere, come in quella canzone, tutte da bruciare in un solo istante nudi a fare la guerra tra le nostre lentiggini. Ti va? #nientedispeciale
So cosa vuol dire essere tristi. So cosa vuol dire sentirsi soli. So cosa vuol dire prendere porte in faccia. So cosa vuol dire vedersi brutti. So cosa vuol dire non saper fare a meno di un vizio. So cosa vuol dire vergognarsi di chiedere aiuto. So cosa vuol dire vergognarsi. So cosa vuol dire non saper stare con qualcuno. So cosa vuol dire essere lasciati. So cosa vuol dire sentirsi in colpa sempre. So cosa vuol dire non dormire, non mangiare, bere troppo. So cosa vuol dire credere che agli altri vada sempre meglio che a te. So cosa vuol dire sbagliare tutto. Ma so anche che le poche volte che ho guardato il buio in faccia, lui si è fatto piccolo e io mi sono divertito. Credimi. #devianze #vita
Volevo smettere di suonare. Non perché volevo di più, ma perché avevo avuto tutto quello che potevo avere e mi restava solo quello che non mi interessava. Non siamo una band da stadio, non siamo così pop. Potevamo arrivare ai palasport e l’abbiamo fatto. Potevamo arrivare nelle case di tutti gli italiani e l’abbiamo fatto. Potevamo lasciare un segno sulla nostra generazione e l’abbiamo fatto. E tutto quello che non abbiamo fatto non sapevamo farlo. Scrivere in modo da avere dalla nostra parte gli algoritmi, fare le hit estive, alzare i prezzi, farci i soldi. E mentre la musica diventava un immenso supermercato, nella mia vita senza musica stava andando tutto bene. Arrivavano i film, i tour teatrali sold out, le trasmissioni, persino il film della mia vita con uno dei pochi maestri viventi in cui interpretare uno che si è rovinato perché non ha smesso di suonare. Eppure mi sono accorto che c’era una cosa che ancora dovevo fare, la cosa per cui ha senso scrivere canzoni: dire la verità. #fottuti #per #sempre
Avevo 15 anni e mia madre era sotto scorta. Niente a che vedere con la sicilia degli anni novanta, con l’eroismo – vale la pena ogni tanto scomodare questa parola – di magistrati che hanno combattuto la mafia da uomini di stato in luoghi in cui la mafia è il vero stato. Mia madre era giudice di un processo importante, ma non stava indagando su qualcuno che di solito ammazza i giudici, semplicemente su qualcuno che ha ammazzato un uomo a cui non avevano dato la scorta. Ma a 15 non lo sai, e questa presenza fuori casa mi faceva paura. Non sono mai stato amico delle divise e delle autorità, normale per uno figlio di giudice e professore. E di quei ragazzi non mi fidavo, mi immaginavo si sarebbero addormentati, avrebbero fatto cazzate, e di sicuro non ci volevo entrare in confidenza. Avevo paura ma li volevo fuori dalle balle. Ieri hanno arrestato un uomo simbolo di un’epoca in cui i giudici saltavano in aria assieme alle loro scorte, e mi hanno chiesto all’alba di leggere una canzone che conoscevo poco, e che non mi stava simpatica come non mi stavano simpatici quei due ragazzi. Eppure per un momento li ho pensati, annoiati nel mio cortile dove non sarebbe successo niente per le stesse due lire per le quali dei loro colleghi poco prima e poco altrove saltavano in aria. È stato strano, è stato all’alba. È stato fare pace con un fastidio antico, con una paura immotivata, con i miei 15 anni da ragazzo del centro che non sa un cazzo del mondo e va bene così. #matteomessinadenaro
Amo gli insicuri, quelli che si vedranno brutti per sempre, chi beve, si ubriaca, urla, rompe le cose, o si chiude in silenzi infiniti, chi sente sempre troppo alto o troppo basso, magro o grasso, giovane o vecchio, chi ha fame, chi sente che spogliarsi ha un prezzo, chi ride forte, chi suona il piano alle tre di notte, chi mangia tanto e salta i pasti, chi uscirebbe in pigiama, chi molla le diete e la palestra, chi piange, chi una volta si è fatto un taglio, chi scrive spesso, chi a volte vuole solo scomparire, chi non vince quasi mai e quando perde non perde con stile, chi è fragile, chi è rotto, chi ha ancora un po’ di luce. #twingo #ferrari
Sono stato felice quando giravamo a 150 euro e prendevamo tutti per il culo, incredulo quando la musica è diventata un lavoro, vivo quando ho rincorso il successo e la sfida di parlare a tutti, esalatato all’idea di parlare a milioni di persone in tv, ferito da alla mia ingenuità, poi dai fallimenti, preso da una febbre di riscatto, rassegnato, capriccioso, alla ricerca di un nuovo inizio, poi di nuovo felice. Non rinnego nulla. Solo aver ceduto con i miei amici, fatto scelte che non volevo per vigliaccheria con loro. Mi dispiace se qualcuno è rimasto deluso da me, c’è la stessa possibilità che vi siate sentiti traditi da una scelta che attribuite a me ma era di un altro di noi, che mi stimiate per una scelta era merito di uno degli altri. Ma non sono un modello per nessuno. Di paladini del radicalismo alternativo cinici e coerenti ce ne sono, di profeti del disimpegno e della ricerca edonistica del successo pure. Io sono una persona normale, curiosa, a volte incoerente, che ha vinto e perso, che si è fatta male, che ha sbagliato, che ha capito delle cose, che non ne ha capite le maggior parte, che oggi rifarebbe gran parte degli errori e che domani potrebbe aver cambiato idea. Un essere umano, come voi. Tante cose in una, non un personaggio bidimensionale perfetto per il mondo di internet, fatto buoni buonissimi e cattivi cattivissimi. Nient’altro mi sembra valga la pena di scrivere in una canzone. #fps
Esce un pezzo, stanotte, si chiama Fottuti per sempre, feat Vasco Brondi. E la canzone più onesta che abbiamo mai scritto, parla di come i sogni ti sappiano fregare, di una band che stava per sciogliersi, della vita che ha bussato ai finestrini di un piccolo furgone dove eravamo solo noi cinque amici che volevamo cambiare il mondo, mentre il mondo ha cambiato noi. Quel poco di successo, le sirene di una sorta di fama chissà poi quanto effimera, ma soprattutto l’amore, la vita, la famiglia, una nuova città. Tutto ci ha portato lontano, persino la musica. Questa è una band che poteva non esserci più, e invece siamo ancora qui. Vasco è stato con noi, a volte da lontano a volte da vicino, a volte come riferimento e infine come amico, a volte come modello del perchè valga la pena regalare la propria vita a un furgone scassato che fa su e giù per un paese a forma di scarpa. Averlo in questo pezzo per noi è un regalo. Niente presave, cartelloni pubblicitari nelle stazioni, pacchi gadget da spedire a 200 influencer. “Vendere o no non passa tra i miei rischi, non comprate i miei dischi, e sputatemi addosso”. @vascobrondi #fottutipersempre #stanotte 24 marzo, Livorno SOLD OUT 25 marzo, Bologna SOLD OUT 31 marzo, Brescia SOLD OUT 7 aprile, Perugia SOLD OUT 8 aprile, Roma SOLD OUT 14 aprile, Padova (prevendite non disponibili) 16 aprile, Milano SOLD OUT 20 aprile, Catania 21 aprile, Rende 22 aprile, Molfetta 28 aprile, Torino SOLD OUT biglietti su www.lostatosociale.net
Puoi chiamarmi di notte, lo sai. Dormi che hai paura, che la gente a volte ti fa schifo, che ti hanno ferito tutti quelli in cui hai creduto. Che il futuro è un buco nero, che hai trent’anni e vorresti essere grande, che il mondo è troppo piccolo, che odi dipendere da qualcuno e forse per questo non ti innamori, che hai rabbia quando non ti rispondono ai messaggi, ti danno per scontata o ti chiedono di esserci sempre, come una porcellana, una pianta grassa, un cuore sospeso. Puoi chiamarmi stanotte e ti ricorderò quanta bellezza c’è in quelle cicatrici che hai, formano una costellazione così grande che anche stanotte non saremo al buio. Notte. #gennaio
Difficile dire cosa mi fa leggere le mie parole, non più mie, addosso a ragazzi che non conosco, che intrecciano a quelle parole pezzi della loro vita, che danno a quelle parole un senso nuovo, a portare fuori le canzoni dalle canzoni. Le canzoni, già. Cose piccole che dentro hanno cose grandi. Vorrei saper scrivere canzoni che parlano alla vita degli e della vita degli altri, con parole che siano mie il tempo di gestazione della mia stanza con il piano scordato, e poi non più mie mai più, mai più, mai più. Usciranno canzoni nuove a breve, se avrà avuto senso scriverle, lo saprò solo leggendole sulla vostra pelle. #canzoni #2023
Chiedi a questo 2023 di non rompere il cazzo, di non farti rincorrere da chi poi scompare, di amare persone semplici che sanno quel che vogliono, di non pettinarti, di non dirti come vestire, di non scegliere per te chi amare, di non farti pesare i ritardi, di non ricattarti con contratti stagionali, di saper ridere degli stronzi e capire chi ha paura, di avere paura e di non accontentarsi di quella, di uscire la sera, di fare tardi, di fare a botte con le rotture di cazzo ma fare loro davvero male, di restarti addosso come un tatuaggio, come un’occasione, come un treno che ti cambia la vita. Chiedi a questo 2023 di farti fare un gran casino. #domani
Baciami sotto i portici. Nel 2023, nel 24, nel 29. Con le mani nelle tasche di un giaccone, o il caldo di luglio addosso. Con il cuore leggero d’aprile, o negli scoglioni di una sessione, di un lavoro sotto padrone, di un rincaro dell’affitto. Con le scritte sui muri che sembrano tutte parlare di noi, prendere per il culo proprio noi, dimenticarsi di noi. Con le voci della strada, i con il casino, con la musica un po’ ovunque, con la confusione, con la libertà di avere paura, di tremare, di darsi una mano, di ridere della sfiga e fare a botte col dolore senza l’obbligo di vincere. Con la voglia di scordarsi del mondo e la fame per prendere a morsi la vita. E in fondo nient’altro. La mia città, la mia libertà, e tu. #2023
Ti auguro di avere coraggio, perchè adesso di avere paura te lo augurano sempre tutti. E io ti auguro di avere coraggio quest’anno, di cambiarti la vita, di uscire di casa, di lottare, di non arrenderti, di ascoltare la tua debolezza senza diventare il tuo trauma, di mischiarti con gli altri, di cambiare idea, di essere fragile e fortissima, di essere forte, di mandare affanculo chi odi, di ridere di chi disprezzi, e di ammettere la tua debolezza a chi ami, di fare errori, di conoscere l’autocritica, di inciampare, di ferire qualcuno, di sapere chiedere scusa, di avere amore senza moralismo, di avere senza di giustizia senza giustizialismo, di usare la tua rabbia per cambiare il mondo e non per sputare bile sul colpevole del giorno, di alzare la voce, di saper ascoltare, di metterti in discussione, si conoscere il silenzio, di amare la musica, di saperti prendere le pause, di annoiarti a volte, di non aver timore del sesso, di essere libera, di ricordati che la libertà senza uguaglianza non è affatto libertà. Buon anno. #buonanno
Digli che lo ami, che lo vuoi, che ci stai sotto, che non ci capisci più niente, che vaffanculo il mondo, i parenti, i regali, le offerte, i film di natale, i che fai a capodanno, gli esami, le vite in vacanza, i ritardi, i messaggi senza risposta, l’ansia, quello stronzo del tuo capo, gli uomini, gli esiti, le stronzate, le aspettative, i ci penserò domani, le diete, le note vocali da dieci minuti, i rifiuti, le canzoni a tema, le playlist, il tempo rubato ai baci rubati. Vai da lui adesso, e non lasciare che la vita sia solo un buon proposito. #2023