Per me questo primo maggio ha gli occhi di una ragazza di vent’anni mangiata da una macchina da cucire, ha le mani di un ragazzino di 18 schiacciato da una putrella durante le ore di alternanza scuola lavoro, ha il cuore di 442 metalmeccanici licenziati con un sms per chiudere e delocalizzare, ha i sogni di un trentenne che consegna pizze per conto di un algoritmo, ha il colore della pelle di centinaia di braccianti schiavizzati e uccisi nei nostri campi di pomodoro dalle nostre multinazionali del buon cibo, ha i polmoni gonfi d’acqua di migliaia di ragazzi lasciati annegare a pochi chilometri dalle nostre coste che loro consideravano un’America piena di lavoro e soldi da mandare a casa, ha un quinto di stipendio in meno come una donna, ha sempre meno diritti, dignità, sicurezza. Fino a quando a comandare saranno i soldi e non il diritto alla dignità e alla vita, si morirà per il profitto di qualcuno. Che siano maledetti. Maledetti. Maledetti. #primomaggio #2022 #2023 #ancora
Stanotte è uscita una canzone speciale. Sono stato quattro anni con una ragazza. Ho fatto dei gran casini. L’ho tradita, ho scritto niente di speciale, mi ha chiesto almeno non cantarla tu. Ci siamo amati, ci siamo fatti male. È finita a pochi giorni dal suo compleanno. Preso dal senso di colpa, mi sono rifugiato a Livorno per due giorni. Ho bevuto il mar tirreno e registrato una canzone per lei da Appino degli zen. Gliel’ho regalata per il compleanno, con la promessa che non l’avrei mai pubblicata, sarebbe stata solo per lei. Lei l’ha ascoltata e ha detto “già fai i casini, già mi molli, poi mi fai pure la canzone? Allora sei un coglione”. Aveva ragione. Due anni fa, da amica, mi ha detto: “hai pubblicato tutte le canzoni scritte per altre, l’unica che hai scritto per me se la pubblichi non è che mi dispiace”. Stanotte è uscita, con la voce di Mob e la mia. È la canzone più intima da molto tempo, è per una ragazza che mi ha salvato la vita mostrandomi quanto sono ridicolo, buffo, sbagliato, storto, sfigato, bambino. Quanto può essere bello avere a fianco qualcuno che sa ridere con te mentre ride di te. Adesso è vostra, abbiatene cura. E settimana prossima, tutto il disco. Link in bio. #perfartirideredime
Io non so se le band finiscono, mi è sempre sembrato qualcosa di innaturale. Si smette di essere sposati, non di essere fratelli. Quando hai attraversato con i tuoi amici tutto quello che passa da svegliarsi per terra leccati da un cane in cs gelato alle luci dei palasport, sentendo che non eri solo nella stupidità di vivere attaccato ai tuoi sogni, certe cose non passano. Ma noi alla fine di questo tour dovremo capire un sacco di cose, dovremo scoprire com’è il mondo dopo Matteo, che era e sarà, senza mezzi termini, uno di noi sei, quello che non vedi. Ci sono alle ultime date, quasi tutte gratis, e c’è un ultima grande festa, con molti amici, che chiuderà questa fase della nostra vita. Il 2 settembre, a Milano, carroponte. Le prevendite sono su dice e stanno finendo. Fatevi il regalo di non lasciarsi soli adesso che siamo soli davvero. #ultimafesta
non ti prometto di venirti a prendere in macchina per cena, non ho la patente. non ti prometto di non addormentarmi mentre guardi mare fuori. non ti prometto di non aver voglia di toccarti il culo in pubblico se sono ubriaco. non ti prometto vestiti e regali costosi, la verità è che non ho gusto. non ti prometto di di svegliarmi bene ogni giorno, di riuscire ogni notte a dormire, di mettere la testa a posto dovunque cazzo sia il suo posto. me ti prometto che ti aspetterò fuori da ogni estate calda dei record. che capirò che alcune guerre sono solo tue. che a volte vorrei ridere per non romperti, scopare per non pensare, bere a metà per dormire insieme. e andrà bene così. ti prometto che non sarò geloso, perché sei con me ma non sei di nessuno. ti prometto che con te potrei avere un gatto, e imparare a fare i biscotti. che cucinerò per te se saprai lasciarmelo fare senza commentare. che suonerò perfetto day al pianoforte per farti svegliare con l’idea che sia primavera. che saprò stare in silenzio. che potrai toccarmi i capelli, che ti bacerò la spalla come fanno i veri innamorati. ti prometto di restare imperfetto, e di lasciarti libera. A stanotte. #sanlorenzo
Torneremo a ridere, lo so. Come quando eravamo insieme. Quando la musica era uno scherzo, la fama non era un’ipotesi, le leggerezze del passato non erano ancora i fantasmi del futuro. Quando scopavamo ai festival, distruggendoci il culo con gli aghi di pino. Quando frequentavamo più albe che pranzi, suonavamo l’ukulele in macchina e ci spaccavamo di gin tonic. Quando avevamo sempre fame, sputtanavamo i soldi nei ristoranti sulla statale, bevevamo due litri di vino rosso e mettevamo la testa al cado ad agosto alle tre di pomeriggio, quando mi innamoravo di tutte le lentiggini, quando ridevamo da pisciarci addosso, da avere male alla faccia, alla pancia, da avere paura di morire prima di potersi fermare. Quando sentivamo il vento, quando per noi gli altri erano tutti stronzi, quando il mondo era una promessa e la paura una presa per il culo. Torneremo a ridere, lo so. Lo sai. Te lo devo. E vaffanculo. #estate #vaffanculo
È il compleanno più strano della mia. Da solo su un treno verso Milano all’alba. C’è una giornata dedicata a una malattia rara, che ha portato via il mio amico. E si va li, non so neanche perché, ma si va li. Sono state settimane di rabbia, di chitarre lanciate, di fuoco, di sonni improvvisi, di errori di cui mi vergogno, di pianti che risalgono in gola quando passa un ricordo, quando leggi una parola, come mine disposte lungo la strada. Giorni in cui mi sono reso conto di quanto sono stato felice e sprecone, quanto mi sono imposto di non farci caso. Giorni in cui ho sentito una cosa che non sento mai, cioè di appartenere a una famiglia, naturale quanto scelta. Fatta di persone che scelgono me davanti a tutto il resto, alle cazzate, alle chiacchiere, alla superficialità. Ma anche al male che ho fatto loro, e in fondo ancora non capisco perché. Una manciata di persone, che sanno farmi ridere anche nel disastro, e non mi lasciano solo. E poi voi che urlate forte quando le chitarre sono in volo, che date un senso a un ruolo, a una tavola di legno, a un microfono, a un testo, a uno spettacolo, a un film, a una canzone. Che mi avete regalato la cosa più grande: l’idea che se ho una cosa da dire qualcuno la ascolterà. Una famiglia. Vi voglio bene #compleanno
Stasera suono per la prima volta da quando non c’è Matteo, quel matto che quando neanche sapevamo allacciarsi le scarpe ci ha detto voi avete i pezzi e assieme faremo i palasport, e noi abbiamo pensato “questo è scemo”. La persona che ha creduto in me quando non l’avrebbe fatto nessuno. La persona che ha creduto in me come non lo farà mai nessuno. La persona con cui ho fatto le cose più matte della mia vita, che mi ha fatto sentire libero di sbagliare come non avessimo nulla da perdere anche quando da perdere c’era già tutto, la persona che mi ha seguito nelle cazzate quando nessuno l’avrebbe fatto, e che mi ha smontato quando tutti mi avrebbero leccato il culo. La persona che mi ha ascoltato in viaggi in macchina infiniti quando stavo impazzendo, quando ero in paranoia e vedevo nemici ovunque, quando pensavo che dietro a ogni sorriso figlio del successo si celasse uno che voleva rovinarmi la vita. La persona che mi ha fatto capire che sono unico, ma non sono così importante da poter pensare che l’universo trami contro di me. La persona che non si è rotta i coglioni delle mie ossessioni, delle paure, dei complessi, delle insicurezze, che ha perso dei soldi per me, perché era più importanti fare le cose in cui ci sentivamo vivi. La persona che mi ha voluto bene per il disastro che sono, in un mondo in cui tutti non fanno che ripetere che siamo tutti bellissimi nei nostri difetti e dobbiamo celebrarci, mi ha semplicemente voluto bene anche dove faccio schifo, senza celebrare niente, senza fingere che i difetti siano pregi, senza cazzate, senza ego, senza retorica, senza ridicole rivendicazioni, senza altro che vera amicizia. Sarà strano, sarò strano, e forse un po’ più cattivo. E poi si vedrà. È una vita che sto su un palco più che posso per non pensare a chi mi manca, non c’ero mai salito con la sensazione che mi manca stavolta è quello che il palco l’ha montato assieme a me. #stasera
Suoniamo, abbiamo scelto così. Ci sono un po’ di date questa estate e non saranno facili. Tutto quello che abbiamo fatto l’abbiamo fatto con Matteo, grazie a Matteo, a volte per Matteo. Questa band è ancora una band perchè lui ci ha tenuto insieme. Questa band è diventata una band con lui. Con lui abbiamo realizzato i sogni che neanche sapevamo di avere, abbiamo cambiato la nostra vita per sempre, abbiamo inventato un mondo in cui non si lascia indietro l’ultimo della fila. La musica serve a stare insieme tra diversi, la perfezione è una noia, e mostrarsi fragili è un modo per essere liberi. Sarà dura, forse piangeremo, forse ci fermeremo, forse non sarà la solita festa. Abbiamo scelto di portare la vita su un palco, non useremo un palco per nascondere il vuoto che sentiamo. Ci saremo noi, onesti come sempre. Anche carota che per puro caso non era con noi in questa foto, prima che qualcuno si faccia domande. Cinque ragazzi più uno spaccati a metà che fanno quello che il loro amico ha insegnato loro: mettersi a nudo davanti a tutti, così che insieme possiamo smettere di avere paura per un po’, e di credere vere le parole di questa canzone che ha musicato matte. Venite ad abbracciarvi, non ne abbiamo mai avuto tanto bisogno come ora. Queste sono le date 23/6 Biella – Reload Summer Festival 24/6 Vicenza – Lumen Festival 29/6 Perugia – Umbria Che Spacca 8/7 Asti Musica 21/7 Lendinara (RO) – Lendybeer 29/7 Caprarola (VT) – Eco Sound Fest 30/7 Montecosaro (MC) – MIND Festival 29/8 Feltre (BL) Dolomiti Arena 02/9 Milano – Carroponte 08/9 Arezzo – Warehouse Decibel Fest 21/9 San Vito Lo Capo (TP) – Cous Cous 29/9 Berlino – Frannz Club #perte
Io non smetterò mai di parlarti, anche se so che non ci sei, io ti parlerò . Come ci siamo parlati sempre, forse è la cosa che ho fatto per più tempo nella mia vita. Ingannerò i miei sensi e ti parlerò. Mi prenderanno per pazzo e ti parlerò. Per confessarti una mia miseria. Per la fine di una storia. Per scegliere un film, per scrivere un disco, per ridere di un ospedale per zoppi costruito su una collina senza parcheggio, come l’ultima volta che ci siamo parlati fuori dal posto in cui ti sei addormentato. Io mi addormenterò e ti parlerò, ti cercherò nei sogni, supererò le correnti gravitazionali, le sale d’attesa degli ospedali. Io ti parlerò. Sarò sempre con te. Sempre insieme. Sempre insieme. Sempre insieme. Mi hai visto fare schifo, mi hai visto crescere, mi hai visto innamorarmi, mi hai visto sognare. Quasi ogni ricordo di me per cui vale la pena vivere passa dai tuoi occhi, dal tuo sguardo. E oggi non ci sei, e non ci sono neanch’io. Non smetterò mai di parlare con te. #matte
La mia generazione ha avuto un nemico. Uno che possedeva tutto, uno che voleva tutto, uno che vinceva sempre, anche quando perdeva. Uno che ha cambiato questo paese per sempre. Uno che sembrava potesse concedersi ogni cosa. Uno che pensavi non potesse morire mai. Uno che tocca ammettere ha vinto sulla mia generazione. Uno che non abbiamo mai sconfitto sul piano della politica, di quel liberismo feroce e disumano la cui naturale evoluzione continuiamo a vivere oggi. Uno che sembrava talmente incivile da aver fatto in modo che nel tentativo di batterlo la sinistra diventasse di destra, pruriginosa, giustizialista, securitaria, gossippara. Non più attratta da quello che succede nelle fabbriche, ma dei festini erotici nelle ville dei miliardari. Non più gramsciana, ma lettrice manettara degli editoriali di Montanelli. Qualche mese fa mi hanno chiesto di fare un pezzo sui vent’anni di Berlusconi, in tv. Fa male ammettere che la mia generazione ha perso, ed ha vinto lui. #berlusconi
Quando ti ho lasciata mi si è spaccato il cuore. Essere vile come sono mi impedisce persino di fare le cose giuste, avere abbastanza cura da no lasciare che tutto si accartocci su se stesso fino a che il disastro non si porti via tutti i pezzi della nostra casa come un alluvione. Ho perso quell’attimo in più, e non ti ho lasciata andare meglio. Mi sono rifugiato da un amico, ho pianto, ho scritto una canzone per il tuo compleanno, che a forza di non trovare il coraggio ho finito per lasciarti una settimana prima. Mi hai detto sei un coglione. Mi lasci, e mi regali pure una canzone. Da qualche mese la suono, e la gente la canta con me, e mi ricordo che faccio ridere, in fondo. Più che piangere. La più grande paura di una donna è che un uomo le faccia male, la più grande di un uomo è che una donna rida di lui. Forse, se noi maschi fossimo più bravi a farci ridere addosso, sapremmo ferire di meno. Domani suoniamo a Bergamo, ultima in Lombardia. Sarà speciale. Biglietti a soli 5 euro, nelle storie. Venite a ridere di me. #ridere
Quando abbiamo dormito per terra alla stazione di Milano, prima del tuo volo per Lisbona, credevo fosse per sempre. Quando ho attraversato l’italia partendo da Parigi in treno, a 18 anni, per vederti due o tre volte di sera e stare sveglio di notte, che non si poteva dormire dai tuoi nonni al mare e in spiaggia i guardiani sfanalavano e urlavano. Credevo fosse per sempre. Quando hai avuto paura di avere un brutto male perchè non ti passava il mal di testa e siamo andati come due matti a farti fare una tac al cervello e non avevi niente, e abbiamo cenato con la carne alla griglia e le birre come i tedeschi, ed ero felice come forse non lo ero mai stato che tutto andasse bene. Quando abbiamo fatto l’amore una volta per ogni portone aperto. Quando abbiamo fatto diventare lo scompartimento di un intercity casa nostra e abbiamo dormito nudi. Quando ti ho scritto una favola al giorno perchè non dormivi più. Quando mi hai detto mi hai aiutata a farcela, dentro questo ci sei anche tu. Credevo fosse per sempre, e non lo era. Non lo è mai, in questa epoca. Non lo è mai, solo nei film. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è ancora al cinema, ma non per sempre. Arrivano i film di Cannes, e c’è da sbrigarsi ormai. Vallo a vedere se mi vuoi bene e credi ai per sempre. #sempre
Quella volta che mi hai portato al cinema a vedere Nemo, e sei stata in braccio a me nella sala vuota, che già avevi deciso di volermi e io non capivo perché, mi sembrava impossibile. E quando arrivava lo squalo mi stringevi, e io tanto non capivo uguale. E poi mi hai baciato, che sarò stato un disastro, e siamo usciti da quel cinema che stavamo insieme, pensa te. Tu sapevi cosa volesse dire, io no. Tu eri stata con qualcuno, io no. Tu avevi fatto sesso, io no. I miei 17 anni erano molti meno dei tuoi 16. E mi hai insegnato un po’ di cose, anche se sono di più quelle che non ho voluto capire. E adesso che non ci sei più, passo davanti a quel cinema e vedo una locandina con la mia faccia, di due che si baciano. Il tempo ci sfugge, ma il segno del tempo rimane La quattordicesima domenica del tempo ordinario è ancora il film italiano più visto al cinema, vallo a vedere se vuoi sapere com’è il mio primo bacio. #domenica
Sono stato lasciato e mi sono sentito uno schifo. Incapace di tutto, buono a nulla. Ho preso gli schiaffi che dovevo, le urla che mi meritavo, la casa sfasciata e la dignità in pezzi, e me lo ricorderò per sempre. Mi ricorderò di quanto avevo torto. E molti anni dopo ho girato questa scena, e in quei giorni ho ricevuto una lettera che diceva che io per lei non valevo più niente. In quegli stessi giorni. A volte passa una storia di fianco alla tua vita e ti porta a spasso il dolore che hai, come non fosse tuo, anche se poi lo è. Alla fine di questa scena urlo, un urlo disperato di tutto quel male che avevo dentro, un urlo suggerito al’orecchio da pupi prima di girare, da fare paura a camilla, alla troupe, a me. Un urlo per chi ha sbagliato tutto ma merita ancora di essere perdonato. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è ancora tra i film più visti al cinema, se mi vuoi bene vaia guardarlo questo fine settimana, che poi arriveranno altre storie. Ci vediamo in sala, vi voglio bene, perdonatemi. #scusa
Per la Romagna, per l’Emilia, per Riccione, per Forlì, per Pesaro, per chi vive al piano terra, per chi ha paura, per chi non ne può più, per chi sta perdendo tanto, quasi tutto, per chi da domani sarà già a spaccarsi in due mettere le cose a posto, in mezzo a argini che non tengono, in un pianeta che un giorno è allagato e quello dopo va a fuoco, per chi ce la farà anche stavolta da solo, per chi sta al terzo piano e fa l’amore, per chi non può uscire, per chi è anziano, per chi ascolta le canzoni per far passare il tempo, per chi mi legge, per chi aspetta l’arcobaleno, per chi fa scorrere anche il tempo. Su un treno per Bologna per la prima volta penso che questi versi della canzone a cui la gente vuole più bene tra le mie, siano in qualche modo dedicati al posto a cui voglio più bene, casa. Si torna, che i miei stanno bene. Spero anche voi, e i vostri. Potrà capitarci di bere, ma non annegheremo. #emilia #romagna #alluvione @__cursedlover__
Mi manchi, e mi manca quel mondo. Sei morto che ero a Londra, sei morto che non ci credevamo, intubato a primavera in un mondo che avresti odiato, perché non si poteva uscire di casa. Mi manca vederti nel mio letto addormentato a quattro di spade dopo un concerto, mi mancano le canzoni suonate in furgone, le testate ai microfoni, la sera che ho sboccato talmente tanto da aver rovinato il tettuccio della macchina di Matteo, checco in giro con l’ukulele, stare sui tetti, dormire davanti al mare, spogliarsi sul palco a Villa fastiggi, i concerti a casa della gente, i frighi svuotati, le ustioni, quel deposito di pianoforti scordati, le canzoni mai d’amore, la musica coi matti, quella chiesa sconsacrata che avevamo occupato a vent’anni, e oggi se l’è comprata farinetti e lì dentro ci vende delle cazzo di tartare di fassona. Con te è finita la musica di quando era solo un gioco, e nella musica come lavoro in qualche modo non ci so stare. Non ho mai capito il misticismo con cui gli attori parlano dei personaggi. Questo personaggio è la mia lettera d’amore per un amico, nient’altro. Ciao Mirko, se mai dovessi tornare a casa, ti offrirò il pane. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è il film italiano più visto al cinema nel fine settimana. Vallo a vedere se ti manca un amico. #mirko
Non so se mi sposerò, non so se avrò figli, non so se avrò il coraggio. Faccio parte di una generazione che fa di tutto per non diventare grande, e io sono fra i peggiori. Eppure sono stato spostato per qualche giorno in un piccolo appartamento di Roma con le pareti blu. Ho provato la felicità assoluta e l’assoluta paura di perderla, con la forza ingenua che hanno i vecchi sogni dei bambini. La passione sconfinata per una donna, Sandra, che fuori da ciak era Camilla, una brava attrice, ma per me una sconosciuta con cui non era ancora scattata alcuna confidenza, figuriamoci l’amicizia. E forse proprio questa leggerezza data dal non essere attratti l’un l’altro nella realtà, ci ha permesso di recitare l’amore della nostra vita in maniera totale, e poi ogni volta tornare semplici colleghi, forse solo adesso, molti mesi dopo, quasi amici. Io non so se crescerò mai, ma sono stato felice in una vita che non ho mai avuto il coraggio di fare mia. La quattordicesima domenica del tempo ordinario oggi è il film italiano più visto al cinema, vallo a vedere se vuoi vedermi innamorato. #amore
Sono stato geloso solo una volta in tutta la vita, e mi sentirò stronzo per sempre. La mia prima ragazza mi tradì e poi si mise con un altro. Io mi offeso da morire, avevo 18 anni. Decisi di toglierle la parola per sempre. Così per due anni lei, che mi voleva solo bene, cercò di recuperare un qualche rapporto con me. E dire che non aveva fatto nulla, si era semplicemente innamorato di un altro. Ma io come uno scemo le riservavo questo trattamento miserabile. Un giorno mi chiamò il mio migliore amico mentre ero in accademia. “Sei in piedi?” Mi chiese. Una domanda del cazzo. Mai più ricevuta una telefonata in cui mi chiedono se sono in piedi. “Se sei in piedi, siediti”. Lei era morta la sera prima, all’improvviso. E io mi sentirò stronzo per tutta la vita per non averle mai detto ti voglio bene anche io. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è il quarto film più visto in Italia, e solo al cinema puoi vedermi geloso. Se mi vuoi un po’ di bene, vallo a vedere. #gelosia
La band si è sciolta. Questa cazzo di frase mi ha tormentato per cinque anni. Prima sotto forma di domanda, quando dopo un grande successo sembrava non uscisse più una canzone, nemmeno per sbaglio. Poi sotto forma di ricatto, quando arrivati al limite tra di noi non ce lo siamo mai detto, ma a turno ognuno ha tentato di dire me ne vado, e sbattere la porta. la band si è sciolta? La band esiste ancora? La verità è che anche quando sono arrivato a odiare la musica, stare senza la band non era per un’idea molto diversa da tagliarsi un braccio. Le band non si sciolgono, per me. Anche se non è vero, anche se lo fanno. Mi sembra qualcosa contro natura. E che fatica ogni volta rispondere di no a un curioso. E poi ti arriva questa sceneggiatura, che in 50 pagine ha dentro tutte le paure e tutti i desideri della tua vita. La band c’è, ed ha appena pubblicato un disco. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è in tutti i cinema, ed è fra i film più visti in Italia. Se mi vuoi bene, vallo a vedere. #sala #avati #lunedì
Scrivi una canzone. Fai successo. Fanne poco, e convinciti che la tua vita è cambiata per sempre. Torna a suonare nei locali, trovali tutti vuoti. Bevi, sfondati, fatti del male, illuditi. Perdi il tuo compagno di band per un lavoro in banca. Perdi la donna della tua vita perchè sei geloso come una merda. Continua a suonare. Distruggiti. Fatti cacciare dai locali dopo aver suonato da ubriaco marcio e aver sboccato ovunque. Diventa lo zimbello del quartiere. Vergognati. Bevi, provaci con tutte, continua a vestirti come la rock star che non sei, che non sarai mai. Fatti celebrare in una festa di quartieri tra un coro di vecchioni che cantano il caffè della peppina e le marchette di assicuratori e arrotini. Presentati ubriaco, disperato, distrutto, mentre tutti ridono e hanno pietà di te. Fai schifo fino in fondo. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è da ieri al cinema, ed è la cosa in cui ho messo tutto il mio cuore più forte che mai negli ultimi dieci anni. Vallo a vedere se mi vuoi un po’ bene. #musica
Le fragilità di un maschio innamorato non sono un cazzo davanti alle fragilità di uno che ha fatto una canzone in cui ha messo l’anima e la fa sentire la prima volta alla ragazza che ama, implorandola, ricattandola con gli occhi per farsi dire che quella canzone è bella, con una disperazione e una miseria che non può che essere coccolata da una ragazza che ha fatto la pessima scelta di volerti bene davvero. “Hai mai fatto ascoltare alla tua ragazza la canzone che volevi mandare a Sanremo?” Mi chiede Pupi in questo piccolo appartamento dei Parioli con le pareti blu. “Si, con una preghiera tale negli occhi, da averla obbligata a dirmi che era bellissima. Non saprò mai cosa ne pensasse veramente”. L’unica cosa che ci resta per essere umani è la parte nuda, irrisolta, fragile, ridicola, rabbiosa, scomposta, scorretta, sporca, infantile, illogica, disperata di noi. L’unica che si può davvero amare, l’unica che merita vero amore. La quattordicesima domenica del tempo ordinario sarà al cinema dal 4 maggio, e io forse stavolta sono un po’ felice. #film #cinema #movie
Mi tremava la voce, perdevo le parole, la presenza, il filo del discorso. Forse non è mai stato così difficile parlare di fronte agli altri. Non perchè sono dieci anni che nonna non c’è più. Non perchè certe cose una parte di te vuole tenerle dentro. Ma perchè era un anno fa, ed era ormai chiaro che in meno di dieci anni quella strana promessa che nonna aveva strappato a tutti noi, a me che ero ragazzino, a tutti quelli con cui parlava, con la confusione di chi ha visto cadere le bombe e poi scomparire la memoria, quella promessa era stata tradita. E io, di fronte a tutta quella gente, non avevo il coraggio di dirtelo. Sono tornati i fascisti, nonna. Toccherà mandarli via un’altra volta. Anche se qui non mi pare ci sia grande aria di resistenza, più che altro qualcuno che fa il fenomeno con un post su Instagram. Quindi non lo so se li manderemo via, stavolta. Può darsi che scopriremo che voi, la generazione che ha fatto questo strano strano paese, ancora una volta, siete stati molto meglio di noi. Quindi solo grazie, grazie di tutto. #25aprile #festadellaliberazione
Scusi signor presidente, se mia nonna fino all’ultimo non ha fatto che pregare che non tornassero i fascisti, se mio nonno ha lasciato l’esercito ed è diventato partigiano. Ci scusi, se il nonno di bebo ha fatto lo slalom tra i posti blocco sul galletto della guzzi per portare i maltagliati alla sua brigata, se il nonno di albi ha passato tre notti nascosto nel tronco di un albero per non farsi trovare dai nazifascisti, con un freddo cane, la fame, e la paura di non rivedere Elda. Scusi chi ha scritto quelle lettere così fragili e a guardarle coi suoi occhi stupide, di ragazzi di vent’anni condannati a morte, convinti – pensi lei – che morirei per l’Italia fosse morire per l’antifascismo. Scusi Pertini, che disse che il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche, purtroppo abbiamo avuto presidenti un po’ così. Scusi chi ha scritto una costituzione così priva di senso da non essere antifascista eppure considerare l’apologia di fascismo un reato, non avevamo legislatori migliori allora, e non ci occupavamo di urgenze della portata dei rave party. Ci scusi, e lo dico davvero, se siamo rimasti aggrappati all’idea di vivere in un paese fatiscente, precario, violento, arraffone ma almeno antifascista. Ha ragione lei, anche quando ha torto. Per questo lei è presidente, e io non sono niente. Ci scusi, ma resteremo antifascisti. #antifascismo
Tutti abbiamo avuto un chiostro dei gelati, tutti un angolo tra via saragozza e via audinot, un’ossessione per la ragazza più bella della città, tutti abbiamo voluto fare le star della musica e tutti abbiamo fallito, tutti abbiamo preferito un lavoro in banca, tutti abbiamo lasciato in sospeso un mare di parole con nostro padre, tutti abbiamo pensato che un figlio non lo volevamo, tutti siamo stati celebrati in una festa di quartiere sfigata e ci siamo andati storditi dall’alcol, tutti abbiamo avuto dei compagni di classe che prendevano per il culo nostra madre, tutti abbiamo urlato alla fine di una lite quando non c’era più niente da salvare, tutti abbiamo avuto una volta il coraggio di dire a uno che è una merda che è una merda, tutti abbiamo scopato per non essere gelosi di chi amiamo, tutti abbiamo fatto ascoltare a lei il nostro disco fissandola negli occhi fino a ricattarla, tutti abbiamo fallito, provato a rimediare e fatto peggio, provato a risognare e preso nuove botte. Tutti abbiamo bisogno di riconoscerci in questa storia, per dare un senso a tutti i sogni che non abbiamo realizzato. #4maggio #cinema