FORTE E CHIARA ⭐️LA RECENSIONE⭐️ Grazie a La Repubblica Il racconto di una vita Forte e Chiara “Forte e Chiara” è un monologo fiume di Chiara Francini, il racconto di una vita. L’attrice si immerge nei ricordi personali e la prende alla lontana, a partire dalla grande e silenziosa avventura nel liquido amniotico di una madre che durante la gravidanza leggeva Oriana Fallaci e il suo “Lettera a un bambino mai nato”. D’altra parte se in gioventù tutto fila liscio non si diventa un’attrice e meno che mai un’attrice armata di tutta l’ironia che serve per fronteggiare grandi disagi di una vita. “Forte e Chiara” è un libro scritto dalla Francini e dal libro è nato lo spettacolo che adesso trova la sua dimensione teatrale. Un’attrice e un pianoforte elettrico, con le musiche originali di Francesco Leineri, eseguite dal vivo, e la regia di Alessandro Federico. Il piano asseconda il ritmo del racconto, la Francini entra in scena con un costume ampio, come una novella “Alice nel paese delle meraviglie”, e la cifra infantile continuerà quasi fino alla fine. Bambina per sempre?’ È certamente un’opzione, soprattutto se del gioco fai il tuo mestiere, ma il prezzo da pagare non è cosa da poco. Qui l’attrice si confonde con la donna che appare immersa in una dicotomia che ancora non trova pace. Da un lato c’è il gioco, l’essere attrice, il teatro e tutte le risorse dell’infanzia, la felicità di creare personaggi e fantasie, dall’altro c’è la donna che forse sogna una famiglia, un marito e dei figli e nel finale stringe al petto una bambola di pezza. Questo è l’aspetto più vero e autentico della Francini che alle sue spalle pone un simbolo dei suoi desideri un albero di Natale. Dice che a casa ne possiede tre, sempre accesi, tutto l’anno. In quell’albero di Natale c’è tutto un mondo inconfessato e non ancora risolto, e quelle luci che dissolvono “ la pedagogia della tragedia” ricevuta in dono dalla madre. La donna non ha risolto tutti i suoi problemi, ma l’attrice è veramente brava, e il palcoscenico compensa bene ogni tipo di” “fame d’amore. F. Taormina VI ASPETTO A TEATRO Fino al 18 Al Teatro Al Massimo di Palermo Per le date di Forte e Chiara ☝️LINK SU☝️IN BIO
FORTE E CHIARA ⭐️LA RECENSIONE⭐️ Grazie a La Repubblica Il racconto di una vita Forte e Chiara “Forte e Chiara” è un monologo fiume di Chiara Francini, il racconto di una vita. L’attrice si immerge nei ricordi personali e la prende alla lontana, a partire dalla grande e silenziosa avventura nel liquido amniotico di una madre che durante la gravidanza leggeva Oriana Fallaci e il suo “Lettera a un bambino mai nato”. D’altra parte se in gioventù tutto fila liscio non si diventa un’attrice e meno che mai un’attrice armata di tutta l’ironia che serve per fronteggiare grandi disagi di una vita. “Forte e Chiara” è un libro scritto dalla Francini e dal libro è nato lo spettacolo che adesso trova la sua dimensione teatrale. Un’attrice e un pianoforte elettrico, con le musiche originali di Francesco Leineri, eseguite dal vivo, e la regia di Alessandro Federico. Il piano asseconda il ritmo del racconto, la Francini entra in scena con un costume ampio, come una novella “Alice nel paese delle meraviglie”, e la cifra infantile continuerà quasi fino alla fine. Bambina per sempre?’ È certamente un’opzione, soprattutto se del gioco fai il tuo mestiere, ma il prezzo da pagare non è cosa da poco. Qui l’attrice si confonde con la donna che appare immersa in una dicotomia che ancora non trova pace. Da un lato c’è il gioco, l’essere attrice, il teatro e tutte le risorse dell’infanzia, la felicità di creare personaggi e fantasie, dall’altro c’è la donna che forse sogna una famiglia, un marito e dei figli e nel finale stringe al petto una bambola di pezza. Questo è l’aspetto più vero e autentico della Francini che alle sue spalle pone un simbolo dei suoi desideri un albero di Natale. Dice che a casa ne possiede tre, sempre accesi, tutto l’anno. In quell’albero di Natale c’è tutto un mondo inconfessato e non ancora risolto, e quelle luci che dissolvono “ la pedagogia della tragedia” ricevuta in dono dalla madre. La donna non ha risolto tutti i suoi problemi, ma l’attrice è veramente brava, e il palcoscenico compensa bene ogni tipo di” “fame d’amore. F. Taormina VI ASPETTO A TEATRO Fino al 18 Al Teatro Al Massimo di Palermo Per le date di Forte e Chiara ☝️LINK SU☝️IN BIO
FORTE E CHIARA ⭐️LA RECENSIONE⭐️ Grazie a La Repubblica Il racconto di una vita Forte e Chiara “Forte e Chiara” è un monologo fiume di Chiara Francini, il racconto di una vita. L’attrice si immerge nei ricordi personali e la prende alla lontana, a partire dalla grande e silenziosa avventura nel liquido amniotico di una madre che durante la gravidanza leggeva Oriana Fallaci e il suo “Lettera a un bambino mai nato”. D’altra parte se in gioventù tutto fila liscio non si diventa un’attrice e meno che mai un’attrice armata di tutta l’ironia che serve per fronteggiare grandi disagi di una vita. “Forte e Chiara” è un libro scritto dalla Francini e dal libro è nato lo spettacolo che adesso trova la sua dimensione teatrale. Un’attrice e un pianoforte elettrico, con le musiche originali di Francesco Leineri, eseguite dal vivo, e la regia di Alessandro Federico. Il piano asseconda il ritmo del racconto, la Francini entra in scena con un costume ampio, come una novella “Alice nel paese delle meraviglie”, e la cifra infantile continuerà quasi fino alla fine. Bambina per sempre?’ È certamente un’opzione, soprattutto se del gioco fai il tuo mestiere, ma il prezzo da pagare non è cosa da poco. Qui l’attrice si confonde con la donna che appare immersa in una dicotomia che ancora non trova pace. Da un lato c’è il gioco, l’essere attrice, il teatro e tutte le risorse dell’infanzia, la felicità di creare personaggi e fantasie, dall’altro c’è la donna che forse sogna una famiglia, un marito e dei figli e nel finale stringe al petto una bambola di pezza. Questo è l’aspetto più vero e autentico della Francini che alle sue spalle pone un simbolo dei suoi desideri un albero di Natale. Dice che a casa ne possiede tre, sempre accesi, tutto l’anno. In quell’albero di Natale c’è tutto un mondo inconfessato e non ancora risolto, e quelle luci che dissolvono “ la pedagogia della tragedia” ricevuta in dono dalla madre. La donna non ha risolto tutti i suoi problemi, ma l’attrice è veramente brava, e il palcoscenico compensa bene ogni tipo di” “fame d’amore. F. Taormina VI ASPETTO A TEATRO Fino al 18 Al Teatro Al Massimo di Palermo Per le date di Forte e Chiara ☝️LINK SU☝️IN BIO
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. “Il cinema è vivo, vivissimo. E lotta insieme a noi.” Su La Stampa il mio intervento al convegno svoltosi alla Camera dei Deputati sulle eccellenze italiane nell’industria globale dell’intrattenimento, alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana,, Giorgia Latini Vicepresidente Commissione Cultura Camera dei Deputati, Lucia Borgonzoni Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura, Federico Mollicone Presidente Commissione Cultura, Iginio Straffi Fondatore e Presidente Rainbow, Giampaolo Letta CEO Medusa Film, Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore e Niccolò Di Raimondo Consulente Parlamentare. “È stato detto: “Non ci resta che ricominciare” ne La Vita è Bella “Non si piange sulla storia, si cambia rotta” ne La Meglio Gioventù “Bisogna andare avanti, per forza” ne Nuovo Cinema Paradiso “Tutto si trasforma, nulla muore” ne Il Gattopardo “Il passato è un paese straniero, si fa tutto in modo diverso laggiù” ne Il Conformista Il cinema italiano è stato dichiarato morto mille volte, e mille volte è risorto dalle ceneri. Ed è proprio giusto che sia così. È naturale, è fisiologico, perché il cinema rappresenta, ci parla esattamente di questo: della vita. Il cinema ne è uno straordinario affresco. Il cinema è una magia perché riesce a racchiudere in un microcosmo di due ore, epoche, lacrime, risate, guerre, esplosioni, galassie, la morte, la resurrezione, le cascate, l’orrore, la felicità, l’universo e un pastello. Il cinema italiano è una creatura fragile e potentissima, capace di cadere e di rialzarsi, capace di raccontare il nostro tempo, nel suo orrore, nella sua noia e nella sua straordinaria e brutale bellezza, nella sua Resistenza. Forse, solo Monicelli, come Gadda nei suoi romanzi, è riuscito, a mio avviso, a restituire in una maniera tanto precisa, e violenta quello che significa vivere. Il suo cinema è fatto di piccinerie, mastodontiche, di scricchiolii assordanti e segue un andamento, un’altalena che riconsegna ciò che significa la vita, sempre fatta di, cadute, schiaffi, di treni che partono, di malinconia e di tanti rinforzini […] Il commento integrale su La Stampa
. “Il cinema è vivo, vivissimo. E lotta insieme a noi.” Su La Stampa il mio intervento al convegno svoltosi alla Camera dei Deputati sulle eccellenze italiane nell’industria globale dell’intrattenimento, alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana,, Giorgia Latini Vicepresidente Commissione Cultura Camera dei Deputati, Lucia Borgonzoni Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura, Federico Mollicone Presidente Commissione Cultura, Iginio Straffi Fondatore e Presidente Rainbow, Giampaolo Letta CEO Medusa Film, Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore e Niccolò Di Raimondo Consulente Parlamentare. “È stato detto: “Non ci resta che ricominciare” ne La Vita è Bella “Non si piange sulla storia, si cambia rotta” ne La Meglio Gioventù “Bisogna andare avanti, per forza” ne Nuovo Cinema Paradiso “Tutto si trasforma, nulla muore” ne Il Gattopardo “Il passato è un paese straniero, si fa tutto in modo diverso laggiù” ne Il Conformista Il cinema italiano è stato dichiarato morto mille volte, e mille volte è risorto dalle ceneri. Ed è proprio giusto che sia così. È naturale, è fisiologico, perché il cinema rappresenta, ci parla esattamente di questo: della vita. Il cinema ne è uno straordinario affresco. Il cinema è una magia perché riesce a racchiudere in un microcosmo di due ore, epoche, lacrime, risate, guerre, esplosioni, galassie, la morte, la resurrezione, le cascate, l’orrore, la felicità, l’universo e un pastello. Il cinema italiano è una creatura fragile e potentissima, capace di cadere e di rialzarsi, capace di raccontare il nostro tempo, nel suo orrore, nella sua noia e nella sua straordinaria e brutale bellezza, nella sua Resistenza. Forse, solo Monicelli, come Gadda nei suoi romanzi, è riuscito, a mio avviso, a restituire in una maniera tanto precisa, e violenta quello che significa vivere. Il suo cinema è fatto di piccinerie, mastodontiche, di scricchiolii assordanti e segue un andamento, un’altalena che riconsegna ciò che significa la vita, sempre fatta di, cadute, schiaffi, di treni che partono, di malinconia e di tanti rinforzini […] Il commento integrale su La Stampa
. “Il cinema è vivo, vivissimo. E lotta insieme a noi.” Su La Stampa il mio intervento al convegno svoltosi alla Camera dei Deputati sulle eccellenze italiane nell’industria globale dell’intrattenimento, alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana,, Giorgia Latini Vicepresidente Commissione Cultura Camera dei Deputati, Lucia Borgonzoni Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura, Federico Mollicone Presidente Commissione Cultura, Iginio Straffi Fondatore e Presidente Rainbow, Giampaolo Letta CEO Medusa Film, Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore e Niccolò Di Raimondo Consulente Parlamentare. “È stato detto: “Non ci resta che ricominciare” ne La Vita è Bella “Non si piange sulla storia, si cambia rotta” ne La Meglio Gioventù “Bisogna andare avanti, per forza” ne Nuovo Cinema Paradiso “Tutto si trasforma, nulla muore” ne Il Gattopardo “Il passato è un paese straniero, si fa tutto in modo diverso laggiù” ne Il Conformista Il cinema italiano è stato dichiarato morto mille volte, e mille volte è risorto dalle ceneri. Ed è proprio giusto che sia così. È naturale, è fisiologico, perché il cinema rappresenta, ci parla esattamente di questo: della vita. Il cinema ne è uno straordinario affresco. Il cinema è una magia perché riesce a racchiudere in un microcosmo di due ore, epoche, lacrime, risate, guerre, esplosioni, galassie, la morte, la resurrezione, le cascate, l’orrore, la felicità, l’universo e un pastello. Il cinema italiano è una creatura fragile e potentissima, capace di cadere e di rialzarsi, capace di raccontare il nostro tempo, nel suo orrore, nella sua noia e nella sua straordinaria e brutale bellezza, nella sua Resistenza. Forse, solo Monicelli, come Gadda nei suoi romanzi, è riuscito, a mio avviso, a restituire in una maniera tanto precisa, e violenta quello che significa vivere. Il suo cinema è fatto di piccinerie, mastodontiche, di scricchiolii assordanti e segue un andamento, un’altalena che riconsegna ciò che significa la vita, sempre fatta di, cadute, schiaffi, di treni che partono, di malinconia e di tanti rinforzini […] Il commento integrale su La Stampa
COSA È IL DISSENSO? “Il dissenso è un atto che deve partire dall’individuo ma investire l’universale, la collettività. Il dissenso è volto a creare un miglioramento per se stessi ma soprattutto per gli altri. Il dissenso non può essere, come accade oggi, lo strumento per ottenere un assenso personale Il dissenso deve essere rivoluzionario, sempre, e la rivoluzione, non è un baratto. Chi dissente lo fa perché ha perso qualcosa, perché è stato privato in modo violento di ciò che in maniera sacrosanta gli appartiene Chi dissente e fa la rivoluzione non vince mai Non lo fa per trarne profitto Nella migliore delle ipotesi il suo guadagno è la giustizia. L’andar pari. Il ripristino di un’equità Il dissenso non si esercita con astuzia o superficialità. Ma con spirito critico e altruismo Il dissenso non è un tornaconto Il dissenso dovrebbe essere lo strumento cardine della politica, del giornalismo, della cultura Qual è la frase che ognuno di noi ripete quando capita qualcosa di inaccettabile? “Non è giusto, non è possibile” L’ingiustizia, dunque, non la si contempla come possibilità Il senso di giustizia è radicato in modo profondissimo in ognuno di noi. Ma lo abbiamo dimenticato Non lo ascoltiamo più Non lo sappiamo più esercitare, in maniera autentica Lui dorme. Russa Ma è là. È ancora dentro di noi. Riaffiora, a volte, perché il corpo ha una memoria Il dissenso oggi si è trasformato in un meme, in una storia, in post, muti, tutti uguali, di burattini che non sono tirati da nessuno, se non dall’analfabetismo, dal disagio, dalla paura di scomparire e di non esistere. L’ottenimento della giustizia passa solo dal dissenso Svegliamoci. Facciamo una buona colazione. E solo dopo un balletto. Anche se, a volte, per dissentire basta sedersi su un autobus e rifiutarsi di cedere il posto come fece Rosa Parks, o distribuire volantini come fece Sophie Scholl nelle università tedesche durante il nazismo Chi dissente rischia, ma la necessità di giustizia sono più forti della paura. Il dissenso è un’alba chiara Svegliamoci. Ma dalla parte giusta “Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati” Da Forte e Chiara, La Stampa Video @zosozeppelin
❤️Forte e Chiara❤️ Di e con Chiara Francini Da domani ricomincia la tournée. Forte e Chiara è la storia di una ragazza di provincia. C’è dentro l’infanzia di paese, l’adolescenza devastante, la merenda, la politica e la vita. Ci siete tutti voi. Ci sono io. Fuori posto. Fuori da denti e fuori misura. Ma sempre Forte e Chiara The Age of Love Come on, dance with me Move your body, your life’s a beat 💜A. Con me sul palco il Maestro Leineri che suonerà dal vivo La regia è di Alessandro Federico Costumi: @maisonluigiborbone Ci vediamo a teatro Le date sono già quasi tutte Sold out Affrettatevi❤️ Ci si vede di persona. Da domani LA TOURNÉE COMPLETA, con le info per acquistare i biglietti ☝️LINK☝️SU IN BIO ☝️ #fortechiara
Grazie.❤️ BRICIOLE D’INFANZIA PER RACCONTARE LA DONNA DI OGGI “È colorato il viaggio nei ricordi di Chiara Francini: dall’arancione dello specchio incastonato nell’armadio della casa dei nonni materni a Campi Bisenzio, dove da bambina le piaceva guardarsi e raccontarsi delle storie per tenersi compagnia, al rosso sangue delle dita smangiucchiate per il bisogno di richiamare amore, fino al rosa cipria e al giallo senape dei suoi divani da «arricchita» nella casa dove vive oggi. Toni sgargianti, appariscenti, nel suo show «Forte e Chiara», per raccontare, condividere aneddoti di una vita «straordinariamente normale come quella di ognuno di noi». Magnetica e spumeggiante, Francini mette insieme le «briciole» dall’infanzia all’età adulta, risate mescolate con le lacrime, per apparecchiare il suo pasto preferito, una merenda appetitosa, una coccola dolce e salata preparata con quello che c’è, con quello che è rimasto dei ricordi suoi, della mamma, degli amici sulla «Chiarina». Ricordi scritti su un quaderno da sfogliare in scena, con il microfono in mano, la gomma da masticare rimbalzata tra le parole, di fianco al maestro Leineri che la accompagna dal vivo alla tastiera. Per «giocare ad amicizia con il suo pubblico», come faceva da piccola allo specchio, Francini racconta tanto di sé bambina: della lettura di «Lettera a un bambino mai nato», che le arrivava ancora nella pancia della mamma, e da lì il «senso di imminente catastrofe» che ha ereditato, il babbo che lavorava sempre, lei che restava dalla nonna Orlanda, l’«Orlanda Furiosa», la recita della «Santa Caterina» a scuola, la villeggiatura all’hotel Iole di San Mauro a Mare, il sogno di una notte in discoteca al Cocoricò, la passione per gli alberi di Natale, fino alla Chiara di oggi. Non è tutta una festa, come al Festival di Sanremo. Francini è anche una bambola difettosa che si sente sbagliata. Il monologo finale sulle fragilità di una donna che non sa cucinare, non si è mai sposata, non ha avuto figli è il seggiolino più bello, la corsa più vera, nella giostra sfavillante del suo luna park.” Elisa Fontana Grazie a tutti voi che ogni sera state insieme a me Le date di Forte e Chiara ☝️LINK SU☝️IN BIO
Grazie.❤️ BRICIOLE D’INFANZIA PER RACCONTARE LA DONNA DI OGGI “È colorato il viaggio nei ricordi di Chiara Francini: dall’arancione dello specchio incastonato nell’armadio della casa dei nonni materni a Campi Bisenzio, dove da bambina le piaceva guardarsi e raccontarsi delle storie per tenersi compagnia, al rosso sangue delle dita smangiucchiate per il bisogno di richiamare amore, fino al rosa cipria e al giallo senape dei suoi divani da «arricchita» nella casa dove vive oggi. Toni sgargianti, appariscenti, nel suo show «Forte e Chiara», per raccontare, condividere aneddoti di una vita «straordinariamente normale come quella di ognuno di noi». Magnetica e spumeggiante, Francini mette insieme le «briciole» dall’infanzia all’età adulta, risate mescolate con le lacrime, per apparecchiare il suo pasto preferito, una merenda appetitosa, una coccola dolce e salata preparata con quello che c’è, con quello che è rimasto dei ricordi suoi, della mamma, degli amici sulla «Chiarina». Ricordi scritti su un quaderno da sfogliare in scena, con il microfono in mano, la gomma da masticare rimbalzata tra le parole, di fianco al maestro Leineri che la accompagna dal vivo alla tastiera. Per «giocare ad amicizia con il suo pubblico», come faceva da piccola allo specchio, Francini racconta tanto di sé bambina: della lettura di «Lettera a un bambino mai nato», che le arrivava ancora nella pancia della mamma, e da lì il «senso di imminente catastrofe» che ha ereditato, il babbo che lavorava sempre, lei che restava dalla nonna Orlanda, l’«Orlanda Furiosa», la recita della «Santa Caterina» a scuola, la villeggiatura all’hotel Iole di San Mauro a Mare, il sogno di una notte in discoteca al Cocoricò, la passione per gli alberi di Natale, fino alla Chiara di oggi. Non è tutta una festa, come al Festival di Sanremo. Francini è anche una bambola difettosa che si sente sbagliata. Il monologo finale sulle fragilità di una donna che non sa cucinare, non si è mai sposata, non ha avuto figli è il seggiolino più bello, la corsa più vera, nella giostra sfavillante del suo luna park.” Elisa Fontana Grazie a tutti voi che ogni sera state insieme a me Le date di Forte e Chiara ☝️LINK SU☝️IN BIO
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Fai la tua scelta. Esiste una violenza pulita o la violenza è solo sporca? Su “Forte e Chiara”, de La Stampa Leggetene e ditemi . “Ingmar Bergman, interrogato sulla violenza nel cinema, distingue tra due forme opposte: la violenza pulita e quella pornografica. Questa dicotomia è centrale per comprendere l’uso della violenza nelle arti visive e letterarie, specialmente nel cinema contemporaneo. Bergman evita di discutere la violenza pornografica, ritenendola priva di valore artistico, mentre esalta quella che considera espressione artistica elevata, come in Taxi Driver di Scorsese. La violenza pulita, secondo questa prospettiva, è quella che conserva un valore estetico e drammaturgico, che esprime un’idea, una tensione umana profonda. Non è gratuita né compiaciuta, ma necessaria alla narrazione. Ne Il settimo sigillo (1957), Bergman utilizza la violenza in modo simbolico: la peste, la morte, il terrore dell’aldilà sono raffigurati con un distacco che richiama il teatro medievale e il cinema espressionista. La violenza non è spettacolarizzata, ma rimane un mezzo per interrogarsi sulla fede, la paura e l’inesorabilità della fine. Caso simile, ma più radicale, è Arancia meccanica di Kubrick, dove la violenza è studiata, coreografata e resa quasi estetica. Ma è davvero una violenza pulita o si avvicina a quella pornografica? Kubrick fu costretto a ritirare il film nel Regno Unito a causa di episodi di emulazione della violenza da parte di giovani spettatori. La questione diventa ambigua: la bellezza formale di una sequenza violenta può renderla eticamente problematica? È sufficiente l’intenzione autoriale a stabilire la differenza? Bergman sembra suggerire che la violenza pornografica sia quella che si compiace dell’atto stesso, che non ha una giustificazione narrativa o espressiva. Il torture porn, da Saw a Hostel, si basa su questo principio: il pubblico non è chiamato a riflettere sulla violenza, ma a goderne in modo viscerale. In Taxi Driver c’è un esempio perfetto di violenza pulita [….] “L’arte non è uno specchio per riflettere la realtà, ma un martello per darle forma.” Bertolt Brecht La rubrica integrale in edicola o sul sito de @la_stampa
Da soli, in coppia o con qualcuno in più? Come e in quanti si fa la felicità? Tratto dall’opera di Franca Rame e Dario Fo, #CoppiaApertaQuasiSpalancata, con Chiara Francini e Alessandro Federico, disponibile ora su #SkyPrimafila 💖